martedì 26 febbraio 2008

Manca qualcosa? La squadra


C’era una volta una squadra. Un gruppo di ragazzi uniti dalla passione per una palla, che lasciavano rotolare intorno a sé, intrecciando trame misteriose, involontarie, sorprendenti, con tocco leggiadro e duro accanimento, fino a farla carambolare in fondo a una rete, proiettile dalla distanza o tocco morbido sotto porta.

Oggi quella squadra non c’è più, il gruppo si è dissolto. Sono rimasti i ragazzi, paladini del proprio narcisismo, sette estranei intestarditi nella rincorsa del pallone e degli avversari, spettatori passivi di un altro gruppo che, forse, gli ha rubato l’anima, diventando squadra.

Impassibili i solitari eroi in nero: tacciono, fermi, a testa bassa, all’eterna ricerca dell’uno contro uno, si sciolgono sulla trequarti avversaria.

Non sembra esistere più niente. La difesa sarebbe più dignitosa su una pista di bowling, il centrocampo aveva da fare e non è potuto venire, l’attacco è come l’onda adriatica sullo scoglio croato, che stanca e disillusa s’infrange senza erosione…

Non si salva nessuno, o quasi, nella notte da incubo del Metallurg. Di buono non c’è niente nella nebbia umida dell’Ostiense Arena.

Non sono mancate (solo) le gambe, non è mancata (solo) la voglia. È mancata la testa, ma soprattutto il cuore. Ieri sera ognuno batteva il proprio ritmo, cacofonico concerto fischiato dal pubblico.

Quando quei sette cuori distratti ed egoisti torneranno nuovamente a battere all’unisono il loro celebre macabro terribile invincibile rintocco di battaglia, il Metallurg potrà di nuovo chiamarsi Squadra, gli occhi ancora di tigre, la vittoria e il bel gioco saranno nuovamente il loro pane quotidiano.

Poncharello 6: Si presenta tra i pali affermando che non si gioca soltanto la partita, ma “bisogna difendere anche la nostra dignità”, lascia il campo spiegando “esco di piede perché non ho voglia di piegarmi”. In questa parabola discendente tutto lo scoramento di uno spettatore incolpevole del disastro metallurgo. Qualche parata pregevole salva la sua prestazione, poi capisce l’andazzo e si ricorda di essere un portiere sudamericano. Vate.

Dabbicco 5: Dribbling, dribbling, dribbling. Se non salta l’uomo non se ne fa una ragione, ma gli avversari di turno non sembrano propensi ad assecondare le sue voglie. Arranca in impostazione, scompare in copertura. Anche i suoi celebri gridi di battaglia sembrano strozzarglisi in gola. Ammutolito.

Il Principe 4,5: Battezza la partita con una cappella degna del miglior Padalino, regalando il vantaggio avversario. Bissa addormentandosi in fase d’impostazione, andandosi a perdere definitivamente nei suoi guai. Cattivo come un pupazzo Trudy, non trova di meglio di un incolpevole Davide per sfogare la sua ira repressa. Deambula svagato per il campo in stato di tranche, finché le cinque dita in faccia di Nocciolo gli fanno capire che non si tratta di un incubo. Sonnambulo.

Behemoth 5: Due gol d’autore, uno addirittura d’antologia, esterno collo al volo sotto l’incrocio dai venticinque metri. Entrambi nella porta sbagliata. Accompagna al piccolo trotto il suo compagno di reparto, confuso dall’atipica forzata immobilità del centravanti avversario. Non manca di generosità nello sganciarsi sulla sinistra: suo l’unico tiro in porta metallurgico, botta al volo da distanza siderale, nei primi quaranta minuti di gioco. Temporeggia invece di mordere, ringhiare e mangiar cuori, sprofondando sui calci da fermo. Márcio Santos!

Il Professore 6,5: Si danna su tutti i palloni in mezzo al campo, ma la tanta corsa gli tolgono smalto negli ultimi quindici metri e la forza di coprire su tutte le ripartenze verzane. Segna il gol della bandiera, ne sfiora un altro paio. Mezzo voto in più per la dedizione, il cuore e il commovente tentativo di portarsi sulle spalle il cadavere deambulante della sua squadra. Missione fallita. Icaro.

Davide 6: Il biodiesel della statistica si tiene a galla nella burrascosa giornata metallurga. Bacino basso e ritmo cadenzato, sforna la solita prestazione senza acuti e senza errori, portando a casa come sempre la pagnotta. Si vede negata la gioia del gol per ben due volte su pregevoli tentavi da fuori area, mantiene calma olimpica dinanzi al mestruo isterico di Gemello. Se al posto di qualche sorriso staccasse un paio di teste a morsi sarebbe la giusta miscela di cattiveria e affidabilità. Piacione.

Dottor Morte 4,5: Il trascinatore del giovedì di Coppa si trasforma in “me ne fotto tre cazzi e parto da solo a testa bassa”, con scarsi risultati per la squadra e personali. In settimana dispensa consigli sulla poca utilità del riposizionarsi di testa propria, ma prende la dubbia decisione di spostarsi, non potendo correre, a centrocampo, rompendo la già debole diga operaia. Efficace e sfortunato, invece, quando fa quello che sa fare: ricerca della profondità, uno due, e tiro. Lo vorremmo così! Ammainato.

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